Patto di filiera

Inizia la marchiatura a fuoco dei primi prodotti di salumeria della razza suina Casertana.

 

Grazie alla collaborazione dell’imprenditore Giuseppe Coscia, dell’Azienda Agricola L’ape e il Girasole, esperti zootecnici del terrirotirio e il professor Vincenzo Peretti, referente scientifico del progetto R.A.R.E.Ca. (razze autoctone a rischio di estinzione della regione campania), prende il via a Squille di Castel Campagnano il Patto di filiera con l’obbiettivo di tutelare e sostenere il patrimonio genetico della razza e le aziende agro zootecniche del territorio.

Tra gli scopi c’è la valorizzazione della filiera, dall’allevamento alla tavola, dell’antica razza suina Casertana attraverso l’utilizzo di un logo identificativo che richiama sia i caratteri morfologici del tipo genetico autoctono: ‘O majale co ‘e sciuccaglie, appunto la casertana, caratterizzato dalla presenza sotto la guancia di due tettole o bargigli, in napoletano sciuccaglie (orecchini/pendenti). Il marchio, che da oggi tutelerà tutti i prodotti dell’antica razza suina Casertana, sarà garanzia di qualità ed tipicità per il consumatore

Un passo fondamentale per combattere l’annoso fenomeno della contraffazione e del falso alimentare che si nasconde, il più delle volte, dietro diciture di fantasia come “maiale o maialino nero” che non ha niente a che fare con la genetica originale conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. La presenza in Campania di suini glabri con testa corta e larga e faccia camusa, simili ai suini asiatici, è documentata già in epoca romana. Dai ripetuti meticciamenti di questi esemplari con quelli di origine centroeuropea, con testa stretta ed ossa nasali lunghe e dritte, ha origine la razza suina Casertana. Già sul finire del settecento la Casertana era allevata in uno dei territori più popolati del regno borbonico,la Terra di Lavoro, dove era apprezzata per la sua grande capacità di produrre grasso.

I caratteri morfologici degli animali erano allora già definiti e tipici. Questa razza era l’unica di tipo gentile tra le popolazioni presenti e per questo era tenuta in gran conto ed allevata, in modo confinato, nelle aree più intensamente coltivate e popolate. Già sul finire del settecento diverse furono le esportazioni di riproduttori di razza Casertana verso il Regno Unito. Fra questi ricordiamo una frase di Lord Western che acquistò una coppia di suini casertani che definì “…una razza con particolari e pregevoli qualità, il sapore della carne essendo eccellente, e l’attitudine ad ingrassare con piccolissima quantità di foraggi non avendo l’uguale…”. Tanti e numerosi sono i riferimenti storici e bibliografici su esportazioni e miglioramenti genetici ottenuti tramite la Casertana.

Nell’ottocento era diffuso l’allevamento di piccoli gruppi di suini da parte di fittavoli, mezzadri e massaie che custodivano alcune scrofe e ricorrevano, per gli accoppiamenti, a verri di comodo. Il censimento dell’agricoltura italiana del 1881 evidenzia l’importanza dell’allevamento suino nella provincia di Caserta, la terza per consistenza suinicola, dopo l’Umbria e la provincia di Milano. Dagli allevamenti casertani la razza si diffuse nelle limitrofe province di Napoli, Benevento, Avellino, Salerno, Potenza ed in diverse altre province nazionali.

La Casertana costituiva ancora nei primi decenni del novecento una delle più numerose popolazioni suine del nostro Paese. La sua consistenza si è successivamente contratta in modo drastico, dal 1960 in poi. L’avvio del programma di conservazione nel 2001 inizio a favorire l’apertura e lo sviluppo di numerosi piccoli nuclei di allevamento. Da allora molta strada è stata fatta, ma molta ce n’è ancora da fare per far conoscere e valorizzare questo nobile animale.