vita in campagna, vita all’aria aperta, benessere animale, in questo tempo di virus noi pensiamo ai nostri animali, aspettando di potervi accogliere nuovamente.

Un  approfondimento sul Maiale Casertano sulla della Gazzetta dei sapori:
https://www.lagazzettadeisapori.it/2020/03/14/o-majale-co-e-sciuccaglie-il-patto-di-filiera-per-il-suino-di-razza-casertana/

 

Nel 2016 dalla collaborazione dell’imprenditore Giuseppe Coscia, dell’azienda agricola l’Ape e il Girasole, il professor Vincenzo Peretti dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, referente scientifico del progetto R.A.R.E.Ca. (Razze Autoctone a Rischio di Estinzione della regione CAmpania) e l’esperto dottore Gianfranco Ianniciello, nasce a Squille di Castel Campagnano (CE) il Patto di Filiera “‘O Majale co ‘e sciuccaglie“. Obiettivo salvaguardare e sostenere il patrimonio genetico del suino di razza Casertana.

La presenza in Campania di suini glabri con testa corta e larga e faccia camusa, simili ai suini asiatici, è documentata già in epoca romana. Dai ripetuti meticciamenti di questi esemplari con quelli di origine centroeuropea, con testa stretta ed ossa nasali lunghe e dritte, ha infatti origine la razza Casertana.

Sul finire del settecento, la razza, denominata suino Napoletana, era allevata in uno dei territori più popolati del regno borbonico, la Terra di Lavoro, dove era apprezzata per la sua grande capacità di produrre grasso. Diverse furono anche le esportazioni di riproduttori in Europa. Fra tutte ricordiamo Lord Western, che acquistando una coppia di suini casertani, la definì “… una razza con particolari e pregevoli qualità, il sapore della carne essendo eccellente, e l’attitudine ad ingrassare con piccolissima quantità di foraggi non avendo l’uguale…”.

Nell’ottocento l’allevamento era composto da piccoli gruppi di suini da parte di fittavoli, mezzadri e massaie che custodivano alcune scrofe e ricorrevano, per gli accoppiamenti, a verri di comodo. Il censimento dell’agricoltura italiana del 1881 evidenzia l’importanza dell’allevamento suino nella provincia di Caserta, la terza per consistenza suinicola, dopo l’Umbria e la provincia di Milano. Dagli allevamenti casertani la razza si diffuse nelle limitrofe province di Napoli, Benevento, Avellino, Salerno, Potenza ed in diverse altre province nazionali.

La Casertana costituiva, ancora nei primi decenni del novecento, una delle più numerose popolazioni suine del nostro Paese. La sua consistenza si è successivamente contratta in modo drastico dal 1960 in poi. L’avvio del programma di conservazione nel 2001 iniziò a favorire l’apertura e lo sviluppo di numerosi piccoli nuclei di allevamento. Da allora molta strada è stata fatta, ma molto ce ancora da fare per far conoscere e sostenere concretamente l’allevamento di questo nobile animale.

Scopi principali del patto di filiera la valorizzazione della filiera, dall’allevamento alla tavola, attraverso la realizzazione di un logo identificativo che richiama caratteri morfologici del suino casertano e la nomenclatura ottocentesca: ‘O majale (co ‘e sciuccaglie), appunto la casertana, caratterizzato dalla presenza sotto la guancia di due tettole o bargigli, in napoletano sciuccaglie (orecchini/pendenti).

Il logo, presente in etichetta e marchiato a fuoco sui prodotti stagionati, sarà a garanzia esclusivamente di quelli provenienti dai veri suini casertani, rigorosamente iscritti al registro anagrafico gestito dall’ANAS (Associazione Nazionale Allevatori Suini) con la collaborazione in regione Campania dell’ARAC (Associazione Regionale Allevatori della Campania). Ogni prodotto venduto verrà accompagnato da un certificato di garanzia ed autenticità.

Un primo passo per combattere i tanti “falsi“prodotti che si nascondono, il più delle volte, dietro diciture e nomi di fantasia come “suino nero” oppure “maiale nero o maialino” che non hanno niente a che fare con il tipo genetico autoctono originale, conosciuto ed apprezzato in Italia ed nel mondo.